venerdì 25 gennaio 2013

IL PARADOSSO DELL'ASTA DEL FIENILE

La teoria della relatività: chi non ha mai sentito parlare di tale straordinaria teoria elaborata dalla geniale mente di Albert Einstein (e non solo)?
In questo blog ne abbiamo parlato già più volte, come, ad esempio, nell'articolo "Dio non gioca a dadi con l'Universo: Relatività Generale vs Meccanica Quantistica", oppure nel post "Il tempo e le sue numerose accezioni".
Questa volta andremo ad analizzare un paradosso alquanto singolare relativo alla relatività speciale, un paradosso non conosciuto come quello dei gemelli: trattasi del paradosso dell'asta del fienile.
Nel descriverlo, andremo anche a scoprire alcuni dei concetti alla base della relatività ristretta: le trasformazioni di Lorentz, che prendono il nome dal fisico olandese Hendrik Antoon Lorentz.
Innanzitutto cominciamo enunciando tale paradosso!

Un saltatore d'asta corre, tenendo l'asta parallela al suolo, molto rapidamente: affinché questo paradosso funzioni occorre supporre che esso corra a una velocità prossima a quella della luce.
Costui si avvicina a un fienile lungo quanto l'asta; sappiamo inoltre che hanno la stessa lunghezza poiché, prima di incominciare a correre, il saltatore ha misurato l'asta a fianco del fienile.
La porta anteriore e quella posteriore del fienile sono entrambe aperte e l'atleta corre attraverso la costruzione senza rallentare.
Possiamo pertanto immaginare che ci sarà un certo momento in cui un'estremità dell'asta risulta appena entrata nel fienile, mentre l'altra estremità ne sta uscendo.
Ma tutto ciò sarebbe perfettamente normale e per niente stupefacente se l'atleta corresse a velocità tradizionali.
Ma Einstein non lavorava con velocità "umane", bensì con la velocità della luce o con velocità molto vicine ad essa.
Ergo, immaginiamo che il saltatore corra ad una velocità decisamente prossima a quella della luce. 
Proprio nel suddetto caso si verifica qualcosa di sorprendente che ha a che fare con la relatività ristretta.
Per il momento mantengo un po' di suspance, ma probabilmente qualcuno dei lettori avrà già capito cosa accade nella vicenda appena descritta, con la presenza di velocità relativistiche.
Passiamo allora a parlare di trasformazioni di Lorentz.
Cosa sono?
Sono, come dice la parola stessa, trasformazioni di coordinate da un sistema di riferimento inerziale ad un altro.
In effetti, nella relatività, come noto, non ci si muove in assoluto, bensì sempre rispetto a qualcosa.
Ergo, il sistema di riferimento scelto è di importanza cruciale nell'analisi del fenomeno, perché il cambio di sistema determina variazioni significative nella valutazione del moto di un corpo.
Volete un esempio illuminante?
Eccolo!
Osservate con attenzione questa immagine:











Come potete notare, se assumiamo come sistema di riferimento quello della Terra, allora la bicicletta si muoverà a 10 km/h mentre l'automobile a 40 km/h, sempre nella medesima direzione.
Ma che succede se arriva Harry Potter e compie la magia che consiste nel cambiare sistema di riferimento, assumendo come origine di tale sistema la bicicletta?
Guardate un po':











Potrebbe sembrare naturale una configurazione del genere, ma vi ricordo che l'idea dello spazio assoluto di Newton era quella ben radicata nella cultura scientifica prima dell'avvento di Einstein.
Nel suddetto sistema la bicicletta è ferma e vede l'automobile allontanarsi a 30 km/h da essa verso destra, oltre a notare persino la casa allontanarsi alla sua sinistra a 10 km/h.
Giusto per rispettare la par condicio, ecco come sarebbe la situazione se assumessimo il sistema di riferimento dell'automobile:











Come vedete, l'automobile è ferma, mentre la bicicletta e la casa si allontanano da essa!
Constatato ciò, possiamo finalmente cominciare a dedicarci alle trasformazioni di Lorentz.
Esse, come detto, sono delle trasformazioni che riguardano 2 sistemi di riferimento inerziali e, ovviamente, tengono conto di velocità relativistiche.
Nello specifico, sono trasformazioni da un generico sistema di riferimento S con coordinate (x, y, z, t), dunque con 3 coordinate spaziali a cui si aggiunge quella temporale, a un sistema S' con coordinate (x', y', z', t'), in cui risultano soddisfatti i seguenti 4 principi:

1) invarianza di forma delle leggi fisiche. Praticamente le leggi fisiche rimangono le medesime, anche cambiando sistema di riferimento;
2) invarianza della velocità della luce, che è appunto una costante;
3) riduzione alle trasformazioni proprie della meccanica classica, nel caso di velocità decisamente inferiori a quelle della luce;
4) essere trasformazioni lineari, ossia dipendenti in maniera lineare dalle coordinate.

Dobbiamo inoltre assumere, per semplicità, che al tempo t = t' = 0 le origini dei 2 sistemi coincidano.
Inoltre, assumiamo, sempre per semplicità, che il sistema S' è in moto rispetto ad S solamente lungo l'asse x con una velocità costante V.
Questa immagine vi renderà manifesta la situazione:



















Se fossimo nel campo della meccanica classica, applicheremmo le celebri trasformazioni di Galileo.
Avremmo praticamente, per quanto concerne l'asse x, la seguente situazione:



Che significa? Cosa giustifica tale espressione?
Ebbene, come sapete l'asse x è un vettore e, in particolare, un vettore posizione.
Un vettore posizione generico è quello rappresentato qui:



















Esso è definito dalla distanza tra il punto P (praticamente la punta del vettore) e il punto O (l'origine).
In un piano cartesiano, come definiamo la distanza tra 2 punti se possediamo le coordinate di entrambi?
Attraverso la differenza!
Chiamiamo il nostro generico vettore posizione con la lettera r e scriviamo che:



Bene, adesso trasliamo tale discorso all'interno delle trasformazioni di Galileo.
Riprendiamo la precedente immagine:

















Se chiamassimo con x la coordinata dell'origine O' del sistema di riferimento mobile rispetto a O, allora potremmo naturalmente esprimere la nostra coordinata x' come:



Ora però, essendo l'origine O' mobile rispetto a O con una velocità costante V e ricordando che la posizione (o, usando un linguaggio meno rigoroso, lo spazio) è definita come prodotto tra velocità e tempo, allora possiamo riscrivere il termine x come:



Ecco un'altra magnifica immagine chiarificatrice:


















Ne deriva allora che viene fuori l'espressione della trasformazione di Galileo relativa all'asse x:



Adesso sì che la sopracitata espressione ha un senso!
Ovviamente, nelle trasformazioni di Galileo (dunque quelle che interessano moti a velocità non relativistiche), nella configurazione prefissata, la sola coordinata che varia è la x, mentre le altre rimangono immutate per via dell'isotropia dello spazio, cioè del fatto che tutte le direzioni spaziali sono equivalenti eccetto quella del moto (nel nostro caso l'asse x).
Ergo, il sistema complessivo illustrante le trasformazioni galileiane è il seguente:







Lo sapete che esso può esser scritto anche in forma matriciale?
Forniamo dunque una prova concreta dell'utilità delle matrici, ampiamente trattate in una serie di post tra cui "Matrici: autovalori, autovettori e diagonalizzazione":








Prima di passare dalle trasformazioni di Galileo a quelle di Lorentz, 2 precisazioni:

1) Se abbiamo la seguente trasformazione dal sistema fisso S a quello mobile S'



allora possiamo avere ovviamente pure la trasformazione dal sistema S' (che adesso risulta fisso) a quello a S, semplicemente invertendo i segni:



2) Se V è la velocità del sistema S' in movimento rispetto a S, ne consegue che, effettuando un cambio di prospettiva, la velocità del sistema S in moto rispetto a S' è -V.

Ora passiamo finalmente alle trasformazioni di Lorentz.
Come abbiamo già osservato, esse dovranno tener conto di velocità prossime a quelle della luce.
Innanzitutto partiamo potendo affermare con certezza che le trasformazioni di Lorentz, come quelle di Galileo, non vanno ad incidere sugli assi y e z (sempre assumendo il moto di un sistema lungo x).
Quindi abbiamo che:



Mancano all'appello le coordinate x' e t'.
Qui le cose cambiano profondamente!
Un ammonimento: per comprendere bene e senza tentennamenti il prosieguo della trattazione, va posta sempre moltissima attenzione al sistema di riferimento che si sta adottando nel singolo passaggio, dunque al punto di vista di cui si sta facendo uso.
Pertanto, la frase "rispetto al sistema..." avrà un ruolo chiave nella dinamica dei fatti.
Per quanto concerne x', possiamo immaginare una trasformazione simile a quella di Galileo, che presenti dunque una relazione lineare alla stregua della seguente:



Sono le costanti A1 e A2 a fornire alla trasformazione le sue particolarità.
Ragioniamo un attimo sulla scena: abbiamo che la posizione dell'origine del sistema di riferimento mobile O' (un punto di coordinate x' = 0, y' = 0, z' = 0) rispetto ad O è fornita a ogni istante di tempo t dalla relazione:



Andiamo pertanto a sostituire tale equazione all'interno di quella illustrante la generica trasformazione:



Da cui si può facilmente ricavare che:



Le 2 costanti A1 e A2 risultano non indipendenti!
Possiamo perciò scrivere:

 


da cui è facile verificare che

 


Ora, per generalizzare, poniamo A1 = A.
In conclusione, si ottiene:



Se si pone A = 1 si riottiene una trasformazione di Galileo.
In ogni caso, quella ottenuta è un'espressione che porterà al vero e proprio insieme di trasformazioni di Lorentz.
Per quanto riguarda invece il termine t', un'espressione generale che può descriverlo è la seguente:



Con un pizzico di ironia, potremmo immaginare la seguente immagine:











Ritornando seri, le costanti D,E ed A sono quelle da determinare affinché si possano scrivere realmente le trasformazioni di Lorentz.
Non svolgerò qui i calcoli perché sarebbero troppo lunghi e articolati (vi dico solo che bisogna risolvere un sistema di 3 equazioni in 3 incognite)!
Vi fornisco direttamente a cosa equivalgono le 3 costanti sopracitate:











dove c indica la velocità della luce.
In queste equazioni spicca un fattore molto importante, il cosiddetto fattore di Lorentz, così definito:





Di conseguenza, le 3 costanti possono essere riscritte in tal maniera:





Bene, non ci resta che prendere le nostre generiche trasformazioni







e immeterci le espressioni rinvenute delle costanti:







Avete di fronte le meravigliose trasformazioni di Lorentz!
Le volete in forma matriciale?
Eccole:








Se siete pervenuti fin qui, vi starete forse chiedendo: a che serve questa roba?
Ebbene, tra le diverse conseguenze delle trasformazioni di Lorentz ne esiste una (in realtà, come vedremo, son 2) che ha a che spartire col paradosso dell'asta del fienile: la contrazione delle lunghezze!
Tale effetto fu, in principio, un'idea del fisico irlandese George Francis Fitzgerald, indipendentemente scoperta anche da Hendrik Lorentz per spiegare il risultato negativo dell'esperimento di Michelson-Morley, atto a provare il moto relativo della Terra rispetto all'etere (ne abbiamo parlato qui).
In particolare, a seguito della lettura di un articolo del matematico e fisico britannico Oliver Heaviside in cui veniva mostrato che i campi elettrico e magnetico risultavano deformati dal moto, FitzGerald intuì che analogamente, quando un corpo si muove attraverso lo spazio subisce una deformazione causata dal moto stesso.
Tale concetto di "contrazione" fu suggerito appunto da FitzGerald in una lettera a Science risalente al 1889, la quale rimase inosservata finché Lorentz, nel 1892, mostrò come un simile effetto dovesse essere ottenuto sulla base della teoria elettromagnetica e sulla teoria elettronica della materia.
Non a caso, allora, la contrazione delle lunghezze è spesso chiamata con la denominazione "contrazione di Lorentz-FitzGerald".
La formula descrivente il suddetto fenomeno è:





ove L indica la lunghezza di un corpo in movimento a una velocità V, mentre L0 designa la lunghezza di un corpo a riposo, cioè misurata nel proprio sistema di riferimento.
Siccome il fattore di Lorentz γ è sempre maggiore di 1 o, al massimo, pari all'unità, ne deriva appunto la contrazione della lunghezza del corpo in movimento quando visto da un osservatore non solidale col sistema di riferimento del corpo stesso.
Eccovi 2 splendide immagini illustrative dell'incredibile fenomeno:





























Ovviamente tale fenomeno diventa significativo soltanto a velocità elevatissime.
Ecco il motivo per cui tutte le leggi della meccanica classica non vanno cestinate, ma, al contrario, descrivono perfettamente i moti nella realtà quotidiana, in quanto si verificano a velocità esigue rispetto a quella della luce.
Ora facciamo ritorno al nostro paradosso dell'asta!
Immaginiamo di essere situati nel fienile ed osservare il saltatore correre verso di noi a velocità elevata.
Sappiamo che, da ferma, l'asta presenta la medesima lunghezza del fienile.
Tuttavia, adesso che si trova in uno stato di moto, essa ci appare più corta, tanto da stare comodamente all'interno del fienile stesso.
Ci sarà persino un istante in cui, se saremo abbastanza rapidi, potremo chiudere entrambe le porte del fienile e rinchiudervi dentro l'asta.
Quella appena descritta è la vicenda descritta dal punto di vista di osservatori esterni al sistema di riferimento proprio del saltatore.
Ora, con un tocco magico, cambiamo prospettiva e guardiamo cosa succede dal punto di vista del saltatore.
Per costui, l'asta non si sta muovendo (ovvero non si muove rispetto a lui), ed è invece il fienile che si avvicina a gran velocità.
Il saltatore vede un fienile accorciato che gli viene incontro.
Durante la sua corsa, la punta dell'asta uscirà dalla porta posteriore prima che la parte terminale sia entrata nella porta anteriore.
Ne deriva che qualcuno situato dentro al fienile non potrebbe chiudere entrambe le porte: l'asta è troppo lunga!
Il paradosso sta nel fatto che, a seconda della prospettiva scelta, la stessa asta può o non può essere rinchiusa dentro il fienile, cosa che sembra veramente assurda agli occhi di una persona comune.
La soluzione risiede nella nozione di "eventi simultanei".
Abbiamo detto che, stando dentro il fienile, potremmo chiudere entrambe le porte contemporaneamente, rinchiudendo l'asta al suo interno.
Dopodiché, naturalmente, riapriremmo la porta posteriore un attimo dopo, al fine di evitare che l'asta la colpisca.
Ma secondo il saltatore, prima che la cima dell'asta raggiunga la porta posteriore, lui la vede chiudersi.
Un attimo dopo la porta si riapre e lascia passare la punta dell'asta.
Un altro istante dopo ancora e il fondo dell'asta entra nel fienile, e la porta anteriore si chiude.
Dunque, dal punto di vista del saltatore, entrambe le porte si sono effettivamente chiuse, ma non allo stesso tempo: sarebbe impossibile, considerato quanto è corto il fienile secondo lui.
Questa è appunto un'altra conseguenza fondamentale (assieme alla contrazione delle lunghezze e alla dilatazione dei tempi) della relatività e delle trasformazioni di Lorentz: l'ordine degli eventi sembra differente a diversi osservatori in moto l'uno rispetto all'altro.
Portiamo a termine il ragionamento!
Sappiamo che l'asta e il fienile hanno la medesima lunghezza.
Ne consegue che, se non esistesse la contrazione di Lorentz-FitzGerald, l'intera asta in movimento ci starebbe appena nel fienile, per un singolo istante.
Proviamo adesso ad immaginare una situazione un tantino differente: cosa succederebbe, ad esempio, se l'asta fosse lunga il doppio del fienile?
Il ragionamento sarebbe pressoché analogo.
Per noi all'interno del fienile, l'asta sembrerà maggiormente corta e nel caso viaggiasse a velocità notevolmente alte, allora sarà abbastanza corta da stare totalmente all'interno del fienile.
Ciò significa, in sostanza, che la contrazione delle lunghezze non è assolutamente un effetto ottico, bensì qualcosa di reale: l'asta risulta effettivamente più corta per noi, tanto che possiamo riuscire a chiudere le 2 porte simultaneamente.
Ma se tale contrazione è veritiera, gli atomi che compongono l'asta come si comportano? Si spiattellano l'uno sull'altro?
E, inoltre, mantenendo la stessa prospettiva, anche il saltatore dovrebbe risultarci rimpicciolito rispetto a prima.
Sussistono quindi problemi per l'atleta?
La risposta a tutti questi interrogativi è: assolutamente no!
In definitiva, noi dentro al fienile vediamo la contrazione della lunghezza dell'asta e del saltatore, mentre l'atleta vede noi avvicinarsi a gran velocità.
Precisazione: tale paradosso (perfettamente risolvibile, dunque non un'antinomia come quelle descritte qui) viene anche detto "ladder paradox", ossia paradosso della scala.
Ed ecco le immagini che descrivono chiaramente la "paradossale" vicenda:

Punto di vista del fienile



 




















Punto di vista della scala
























Riporto ora 2 video che illustrano il concetto di contrazione delle lunghezze:





In conclusione, dato che abbiamo nominato un FitzGerald della Fisica, cambiamo prospettiva e godiamoci la Fitzgerald della Musica:










Nessun commento:

Posta un commento