sabato 20 luglio 2013

LA CHIMICA DEL POLLO ARROSTO E DEGLI AUTOABBRONZANTI

In estate molti amano andare al mare a prendere il sole e sfoggiare la propria abbronzatura.















C'è anche chi, tuttavia, utilizza dei specifici prodotti, gli autoabbronzanti, per ottenere una pelle maggiormente colorita senza esporsi alla luce del sole.
Ebbene, il meccanismo alla base degli autoabbronzanti è nientemeno che di natura chimica ed è simile alla reazione che avviene sulla superficie di un dolce quando cuoce nel forno, oppure su quella del pollo arrosto.




















In cucina tali reazioni di brunitura vengono dette reazioni di Maillard.
Esse furono scoperte per puro caso dal chimico e fisico francese Louis-Camille Maillard (1878-1936).




















Costui, a dispetto di quanto si possa pensare, non lavorò mai con gli alimenti.
Maillard era, al contrario, profondamente interessato alla biochimica delle cellule viventi.
Il suo lavoro risultava focalizzato su come gli amminoacidi (di amminoacidi abbiamo parlato qui) e gli zuccheri, entrambi presenti nelle cellule, potevano reagire fra loro.  
Egli trovò che alcune sostanze proteiche assumevano ad elevate temperature e in presenza di zuccheri una colorazione dorata.
La suddetta scoperta venne pubblicata, nel 1912, in un articolo sul Journal de Physiologie intitolato L'azione degli zuccheri sugli amminoacidi.
Tuttavia Maillard morì, nel 1936, nell'anonimato, senza aver completato il suo lavoro sulle proteine e, soprattutto, senza aver potuto osservare le svariate applicazioni della propria scoperta, dalla cucina alla lotta contro il diabete, dagli studi sull'invecchiamento al settore petrolifero.
L'applicazione maggiormente conosciuta è certamente quella relativa alla cucina.
Molti anni dopo la sua morte, ci si accorse che tutti i sapori della carne che si sviluppano durante la cottura sono dovuti a particolari reazioni degli amminoacidi con gli zuccheri.
Il lavoro pionieristico di Maillard ha fatto sì che gli scienziati decidessero di denominare tali complesse reazioni col suo nome.
Le suddette reazioni sono veramente molto complicate e, peraltro, le loro caratteristiche non sono ancora perfettamente note, nonostante i numerosi studi scientifici a riguardo, tra cui quelli di Mario Amadori (1886-1941), professore di chimica farmaceutica dell'Università di Modena.
Ma perché tali reazioni sono così complesse?
Perché ci sono tanti amminoacidi e zuccheri che possono reagire fra loro e poiché, all'interno della reazione d'accoppiamento di un amminoacido con il corrispondente zucchero, i prodotti finali dipendono da vari fattori, tra cui la temperatura, l'acidità dell'ambiente e la presenza di altri componenti chimici.
Però è proprio tale elefantiaca complessità ad offrire al cuoco un ricco ventaglio di interessanti possibilità.

Praticamente tutte le molecole prodotte dalle reazioni di Maillard (ne sono state identificate oltre un migliaio) sono abbastanza volatili da comportarsi alla stregua di molecole odorose.
Dunque, a parità di ingredienti, attraverso il controllo della temperatura e dell'ambiente dove le reazioni avvengono, si può dar vita a una serie di aromi differenti.
Gli amminoacidi e gli zuccheri nelle reazioni di Maillard possono provenire, rispettivamente, da qualsivoglia proteina e da qualsivoglia carboidrato.
Nelle prime fasi di reazione, le proteine e i carboidrati vengono appunto degradati nei più piccoli amminoacidi e zuccheri.
Dopodiché, come per magia, gli anelli degli zuccheri si aprono.
Le aldeidi (composti organici di formula bruta CnH2nO, con n numero naturale) e gli acidi risultanti vanno a reagire con gli amminoacidi per generare un'ampia gamma di prodotti chimici.
Infine, queste nuove molecole reagiscono reciprocamente per formare i composti dagli aromi più rilevanti.
Inoltre, nell'ultima fase di reazione, si generano le melanoidine, particolari sostanze dal colore giallo-bruno e dall'odore tipico del pane appena sfornato o del caffè tostato.
Tra i composti identificati dagli scienziati vanno menzionati:
  • le pirazine, le quali forniscono la sensazione di vegetale fresco alla frutta e alla verdura;
  • i furanoni e i furantioli, che hanno odore fruttato;
  • i disolfuri (come quelli dell'aglio), i quali hanno odore pungente e, a volte, sgradevole.
E poi esiste quella molecola fondamentale associata al profumo di carne, il bis-2-metil-3-furil-disolfuro, la cui formula di struttura è la seguente:










Essa viene spesso utilizzata nell'industria degli odori al fine di preparare l'aroma artificiale di carne.
Per una descrizione maggiormente approfondita e tecnica delle fasi inerenti alle reazioni di Maillard, si consulti la relativa pagina Wikipedia.
Aggiungiamo qui che saper controllare le reazioni di Maillard è uno dei requisiti che deve possedere un bravo chef.
In effetti, un cuoco deve sapere quanto calore va fornito ad un pezzo di carne per ottenere l'aroma desiderato.
Ad esempio, per ottenere un aroma carneo è necessario far sì che le reazioni avvengano totalmente e rapidamente solo ad elevate temperature, nello specifico, sopra i 140 °C circa.
Ma queste temperature così alte si possono raggiungere solo alla superficie del pezzo di carne prescelto, non al suo interno.
All'interno c'è infatti acqua, la quale, come ben noto, sopra i 100 °C diventa vapore.
Per ottenere l'aroma con maggiore rapidità è allora necessario aumentare la superficie del pezzo di carne, magari tagliandolo in porzioni più piccole o in fettine sottili prima della cottura.
Sussistono poi problemi quando si superano i 200 °C.
Infatti, oltrepassata tal temperatura, nuove molecole incominciano ad apparire e queste molecole non solo possono risultare al palato per niente gradevoli, ma possono essere persino cancerogene.
Riporto ora un bel passo, tratto dal libro La scienza in cucina di Hervé This, concernente la chimica del pollo arrosto:

"Arrostire il pollo: niente di più semplice! Si prende un pollo, lo si infila sullo spiedo e lo si scalda a sufficienza. La pelle diventa croccante, il grasso si scioglie, dei sughi stillano e la carne acquista un gusto interessante. Sì, ma quale? Derek Byrne e i suoi colleghi della Reale Università Veterinaria e Agronomica della Danimarca hanno scoperto che il gusto del pollo arrosto dipende molto dalla temperatura di cottura. I chimici danesi si sono interessanti dapprima al gusto della carne riscaldata: i prodotti scaldati dopo un periodo di conservazione al freddo acquisiscono un odore detto "di riscaldato", studiato dalla fine degli anni '60. Il fenomeno è stato accantonato fino agli '80, quando fu giustamente attribuito all'autossidazione dei grassi, cioè all'irrancidimento. In chimica, questa reazione di autossidazione è un caso da manuale: fa intervenire radicali liberi, cioè molecole che sono reattive a causa di un elettrone spaiato. Appena uno di questi radicali si forma se ne generano di nuovi, così la reazione si propaga e porta a un irrancidimento veloce, soprattutto se catalizzato dal ferro, onnipresente in cucina. Nella carne, i grassi che si ossidano di più sono i fosfolipidi che compongono le membrane cellulari: queste molecole presentano "insaturazioni", cioè punti in cui gli atomi di carbonio dello scheletro molecolare sono uniti da legami doppi. Questa caratteristica determina l'ossidabilità...A questa ossidazione dei grassi si aggiungono le cosiddette reazioni di Maillard, che modificano le proteine e sostituiscono l'odore di carne cruda con gli aromi di quella grigliata. Si sa da circa 15 anni che la cottura ad alte temperature impedisce che appaia il gusto della carne riscaldata, perché le melanoidine hanno proprietà antiossidanti. Il meccanismo di questi effetti rimaneva però abbastanza sconosciuto. I danesi D. Byrne, W. Bredit e M. Martens, insieme a David Mottram, di Bristol, si sono divisi il lavoro, conducendo allo stesso tempo analisi sensoriali e chimiche delle carni (petti di pollo) cotte a varie temperature (160, 170, 180 e 190 °C) e conservate più o meno a lungo (tra 1 e 4 giorni), prima di essere cotte nuovamente a 140 °C per un tempo ben preciso...Correlando le sensazioni con i parametri sperimentali si è scoperto che gli odori di cartone, di olio di lino, di gomma/zolfo e di rancido si intensificano al prolungarsi della conservazione al freddo, ma questo difetto è più frequente nelle carni cotte a basse temperature. Se aumenta l'odore di carne, diminuisce il gusto di carne e viceversa. L'odore e il gusto di carne grigliata si intensificano con le temperature di cottura, ma variando questa temperatura il gusto varia. Per esempio, la carne cotta ad alte temperature è più amara e astringente. Sono stati identificati i composti responsabili di questi gusti e odori. In gran parte sono ben noti alla chimica: erano catalogati fra i prodotti di ossidazione dei grassi o delle reazioni di Maillard. Com'era prevedibile, i prodotti di ossidazione sono risultati più numerosi nei campioni di pollo conservati al freddo più a lungo. I chimici hanno notato l'effetto benefico delle molecole che portano un gruppo "tiolo" (un atomo di zolfo legato a uno di idrogeno): ossidandosi facilmente, queste agiscono da antiossidanti, proprio come certi prodotti delle reazioni di Maillard."

Ora possiamo finalmente scoprire brevemente come funzionano gli autoabbronzanti.
Il principio attivo chiave presente in tali sostanze è nientemeno che uno zucchero naturale, il diidrossiacetone (DHA), chiamato anche glicerone.
Esso presenta la seguente formula bruta: C3H6O3.
La sua formula di struttura è quella che segue:







Il DHA viene estratto dalla barbabietola o dalla colza.
Similmente a quanto accade nelle reazioni di Maillard, il suddetto zucchero reagisce con la cheratina, proteina filamentosa ricca di zolfo, la quale esibisce una struttura quaternaria alla stregua dell'emoglobina (si legga qui) e rappresenta il principale costituente dello strato corneo della pelle.
Un po' come succede in cucina, l'autoabbronzante fa sì che appaia lentamente sulla pelle una colorazione bruna.
Tuttavia, a differenza dell'abbronzatura naturale che perdura per molto tempo, quella "chimica" risulta localizzata esclusivamente nello strato superficiale della pelle.
La suddetta zona, costituita da cellule morte, viene continuamente esfoliata con lavaggi e lo sfregamento dei vestiti.
Ne consegue che l'autoabbronzante viene rimosso piuttosto velocemente (il suo effetto può durare al massimo una manciata di giorni), facendo tornare la pelle al suo colore originario.
A proposito di polli e di estate, ecco una carrellata di brani musicali a tema per concludere il post:


 







2 commenti:

  1. Fantastico, non avevo mai associato Maillard agli autoabbronzanti, ma ha tantissimo senso.

    RispondiElimina